L’Apicoltura in Calabria
L’apicoltura è l’arte da parte dell’uomo di allevare le api allo scopo di prelevare ed utilizzare i prodotti da esse elaborati. Tale allevamento avviene nelle arnie, casette preferibilmente in legno, nelle quali le api trovano giusto spazio per la loro attività. Quando le arnie sono abitate dalle api, prendono il nome di alveare.
Le api sono inoltre rispettate ed amate per l’importante azione di impollinazione svolta nell’agricoltura.
Struttura sociale dell’alveare
Le api sono degli insetti appartenenti all’ordine degli Imenotteri , alla famiglia degli apidi ,che conta diverse specie, tra cui le più comuni italiane.
Nella società delle api, ogni singolo individuo non esiste più , ma è la società stessa che ha raggiunto un grado di organizzazione talmente perfetta da essere considerata come un vero e proprio organismo.
Una colonia di api è costituita da un’unica regina, da molte operaie (femmine), da fuchi (maschi) e dalla covata (larve). Un alveare è composto da un’unica colonia o famiglia.
Per riprodursi e sopravvivere, una colonia di api cerca di accumulare il massimo possibile di provviste durante la buona stagione, per poter passare l’inverno. La popolazione della colonia varia secondo le stagioni.
È molto grande nei periodi in cui le risorse naturali sono abbondanti (da 30.000 a 70.000 individui), allo scopo di fare la maggiore raccolta possibile. D’inverno si riduce fino a scendere attorno ai 6.000 individui, per ridurre al minimo indispensabile il consumo delle provviste. La popolazione non può tuttavia scendere oltre un certo limite, giacché è quella che dovrà rilanciare la colonia in primavera.
Allevamento
Tutti gli apicoltori praticano, nel loro alveare, la selezione, anzitutto scegliendo il ceppo negli alveari più forti, al momento della sciamatura artificiale.
Ma, per praticare una selezione più rigorosa, occorre poter disporre di un gran numero di colonie. Alcuni apicoltori si sono quindi specializzati nella produzione di regine selezionate.
A questo scopo dispongono di alveari dedicati a tale uso. Vengono preparati telaini predisposti per contenere molte cellule da regina, chiamati cupolini. In fondo ai cupolini vengono poste delle larve che non abbiano più di 24 ore, il più possibile piccole; questa operazione si chiama picking (scelta). I telaini così preparati vengono introdotti in arnie private della regina.
Le operaie nutrici si occupano delle larve fornendo loro in abbondanza pappa reale nella formula adatta alla loro età, per opercolare (chiudere) le cellette. Per precauzione, gli alveoli vengono protetti con piccole griglie cilindriche, a protezione dagli attacchi di qualche regina nata prematuramente.
Prima della nascita delle regine, ogni celletta viene sistemata in un piccolo alveare da fecondazione, completo di operaie e di favi di covata opercolati, che non consentono di produrre nuove regine. Nel mese successivo alla nascita, le regine devono essere fecondate, sia naturalmente, da un certo numero di maschi del proprio ambiente (da 15 a 25), sia artificialmente.
I prodotti dell’alveare
I prodotti dell’ape fanno bene per la salute dell’uomo che si riflette anche sull’aspetto esteriore.
Molte ricerche hanno confermato che i prodotti dell’ape hanno principi attivi in grado di combattere le malattie. I prodotti dell’alveare sono: miele, propoli, pollini, pappa reale, cera.
Il miele
Un prodotto che ha radici antichissime, che si perde nella notte dei tempi: già i greci, infatti, lo consideravano “il cibo degli dei”, Pitagora lo raccomandava come elisir di lunga vita mentre Omero descriveva ampiamente la raccolta del miele selvatico. Nel periodo romano poi, se ne decantava l’importanza, visto che veniva anche importato in grandi quantitativi da Creta, da Cipro,dalla Spagna e da Malta.
In Calabria questo nettare risulta oltremodo importante visto che le api vi trovano un habitat incontaminato e di ricchissima vegetazione: una delle motivazioni per la quale questa regione vanta il primato di produzione italiana. Inoltre è stato opportunamente sperimentato in altre varianti, elaborandolo con altre eccellenze di Calabria, sì da stimolarne usi che vanno oltre quello più noto della “pasticceria” in generale. Il consumo di miele infatti era prevalentemente destinato alle ricorrenze, utilizzato per la preparazione di dolciumi tradizionali (pignolata, mostaccioli,ecc.).
Il miele è il prodotto alimentare che le api non selvatiche producono dal nettare dei fiori e che trasportano, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell’alveare. Tutti i mieli sono allo stato liquido in origine ma con la diminuzione della temperatura. Molti di essi cristallizzano e tornano liquidi se riscaldata ad esempio in bagnomaria a temperatura non superiore ai 40°.
Solo le api fanno il miele che una fonte di zuccheri semplici ed è quindi un cibo altamente energetico e dolcificante. Non è necessaria nessuna trasformazione per essere consumato.
Le api raccolgono minuscole goccioline di nettare da trasformare poi con un processo molto laborioso.
Il nettare è una sostanza zuccherina che le piante producono per attirare gli insetti. Piante diverse danno nettari diversi e da cui nasce la varietà del miele. Chi fa sport volentieri consuma miele, prima, durante e dopo una competizione, infatti fortifica i muscoli, aumenta la resistenza e favorisce il recupero. L’assimilazione non richiede sforzo poiché è un alimento predigerito dalle api le quali lo arricchiscono anche di enzimi vivi importanti per l’assimilazione. Chi soffre di disturbi digestivi, non avranno che da guadagnare nel sostituire il miele al nomale zucchero, è anche indicato per l’ ulcera gastrica. Il miele contiene infatti, oltre ad acqua (17%) zuccheri vari (80%, monossacaridi, fruttosio e glucosio) e minerali ( fino al 1,5% ), anche residui di granuli pollinici e d’essenze aromatiche dei fiori.
Gradualmente se ne scoprirono gli usi medicinali e terapeutici (per curare ad esempio le affezioni bronchiali). Nella tradizione calabrese il miele era conosciuto come tale mentre la caratterizzazione dei mieli monoflora è subentrata in anni più recenti. Anticamente l’unica distinzione che veniva fatta era tra mieli “chiari” (agrumi, millefiori) e mieli “scuri” (castagno, melata, eucalipto). Le arnie, detti “bugni villici” erano ricavate da tronchi di alberi o “si fabbricavano con vimini di salice intrecciati” come è riportato anche nel De re rustica di Columella. Dalla “pitta” (cioè il favo di miele) che si formava, si procedeva all’estrazione del miele che avveniva per torchiatura (torchi a mano).
Le tipologie di miele più comuni nella regione sono:
– il miele di agrumi: la denominazione generica di “agrumi” viene in genere preferita a quella specifica (arancio, limone, clementine) perché a livello analitico risulta impossibile discriminare la specie di provenienza, ovviamente mista. All’esame visivo questo miele cristallizza spontaneamente alcuni mesi dopo il raccolto. L’odore è di media intensità con caratteristiche note floreali che ricordano i fiori di zagara. con il tempo si sviluppa un odore meno floreale, più fruttato simile a quello della marmellata di arancio. Sapore dolce, odore fragrante e fresco, colore giallo paglierino tendente al bianco nello stato cristallizzato, ne rendono una unicità della regione;
– il miele di castagno: è il miele tipico delle aree collinari e montane calabresi. Si caratterizza per il suo colore scuro e sapore deciso e aromatico, che non incontra il gusto della maggior parte dei consumatori. Si può presentare liquido o cristallizzato, ha un sapore poco dolce, per non dire amaro, un odore pungente e tannico ed un colore essenzialmente scuro, tendente al marrone in cristallizzazione;
– il miele di eucalipto: la Calabria è una delle prime produttrici, tra le regioni italiane, di questo tipo di miele. Sapore dolce, odore aromatico, colore ambrato, a questo miele si attribuiscono proprietà terapeutiche particolari per la cura delle malattie da raffreddamento
– il miele di sulla: la Calabria vanta una significativa produzione di miele unifloreale di sulla. La sulla (Hedysarium coronarium) è presente sia come foraggera che allo stato spontaneo sui terreni argillosi della zona. Le caratteristiche di questo miele, che cristallizza spontaneamente dopo alcuni mesi dal raccolto, sono apprezzate dai consumatori. Sapore dolce, odore originale e tipico, colore giallo paglierino.
– il miele millefiori: la produzione di questo tipo di miele avviene come si intuisce già dal nome, a partire dal nettare di fiori di piante quanto mai variabili, spontanee, coltivate e/o ornamentali. Le caratteristiche del prodotto sono perciò estremamente variabili a secondo delle diverse zone geografiche e del periodo di produzione in funzione delle specie vegetali in fioritura da cui le api raccolgono il polline. Ha un colore variabile, più o meno scuro a secondo delle zone, della stagione e dei fiori maggiormente presenti nel territorio. Lo stesso dicasi per il relativo odore e sapore.
– il miele di fichi (cotto di fichi): in Calabria questo prodotto è tipicamente ed impropriamente chiamato miele di fichi, ma non ha nulla a che fare con le api. Ma in cosa consiste? Il miele di fichi viene prodotto facendo bollire i fichi in un po’ d’acqua, tirandoli fino ad ottenere una densità molto simile a quella del miele: per ottenere un vasetto di estratto di fichi di 220 grammi, serve più di un kg e mezzo di fichi. Ma cosa rende speciale questo estratto? Sicuramente il fatto che è fatto esclusivamente con fichi dottati (uno dei più apprezzati in assoluto), aggiungendo un po’ d’acqua durante la cottura. Nella tradizione gastronomica regionale, il miele di fichi viene usato in pasticceria, ad esempio nella produzione dei mostaccioli, cartellate, mandorlate, torrone, è ottimo su gelati e macedonie. Ma in realtà, questo estratto di fichi sta riscuotendo ultimamente enorme successo come ideale accompagnamento di formaggi freschi e carni, immancabile sui lampascioni fritti, come coadiuvante nel latte, è ottimo a colazione con tuorli d’uovo e zucchero montati. In passato veniva utilizzato come sedativo della tosse. Ancora, si presta come ingrediente per moltissimi usi, ma suggeriamo di provarlo assolutamente su un filetto di manzo: un filo di estratto, a mo’ di aceto balsamico, dona al filetto un gusto assolutamente inimitabile. Oppure sulla panna cotta. Una curiosità: tra gli antichi contadini calabresi, con le prime nevicate, vi era l’abitudine di preparare granite (chiamate scirubetta) con neve fresca e con il cotto di fichi.
– il miele piccante: una delle chicche evolutive della cucina calabrese, trattandosi di miele millefiori aromatizzato al peperoncino piccante. L’uso gastronomico lo consiglia abbinato a formaggi di grande spessore, preferibilmente a pasta asciutta accompagnandovi un vino di notevole struttura che possa reggere il confronto, per la preparazione di esclusivi pre-pasto..
– lo sciroppo propoli e miele: ecco dove si uniscono la delicatezza del miele e le proprietà terapeutiche della propoli a salvaguardia delle vie respiratorie, essendo un antibiotico naturale protettivo dai molti microrganismi che si possono incontrare durante le stagioni fredde; inoltre ha un’azione lenitiva sulle mucose: insomma un valido e naturale aiuto per tutto l’inverno; ottimo anche per chi vive in ambienti pieni di fumo.
Propoli
Sostanze resinose, gommose e balsamiche, di consistenza viscosa, raccolte dalle api su alcuni vegetali (essenzialmente gemme e scorza di certi alberi), che esse portano nell’alveare ed elaborano parzialmente, mescolandole a secrezioni proprie (soprattutto cera e secrezioni salivari).
Nell’alveare, la propoli ha molti usi. È un materiale che serve a riempire, turare, rinforzare i favi o le parti difettose. È una sorta di vernice disinfettante posta in strati sottili nelle cellette prima della deposizione delle uova da parte della regina, o a mo’ di intonaco, per levigare le pareti interne. Serve anche a mummificare gli intrusi morti evitandone la decomposizione, quando sono troppo grossi per essere portati fuori dall’alveare dalle api stesse.
Il polline
Il polline rappresenta l’unico apporto proteico e di aminoacidi dell’alveare ed è l’alimento completo per lo sviluppo dell’organismo anche per i glucidi, lipidi, vitamine, sali minerali ed oligoelementi. Nell’ alimento umano può essere considerato un ottimo ricostituente con azioni antianemiche, e protettive e di riequilibrio psicofisico.
La pappa reale
La pappa reale è il prodotto della secrezione delle ghiandole ipofaringee e mandibolari delle api operaie e nutrici. È una sostanza biancastra dai riflessi madreperlacei, di consistenza gelatinosa, di sapore caldo, acido e leggermente dolce, che costituisce l’esclusivo nutrimento di tutte le larve della colonia e della regina della colonia. La produzione di pappa reale richiede tecniche particolari, perché le api ne producono soltanto la quantità necessaria all’allevamento delle covate, e non viene immagazzinata. È praticata da apicoltori specializzati. Le operaie creano cellette da regine sul telaio predisposto, le nutrici servono pappa reale in abbondanza alle giovani larve. Dopo 3 giorni le cellette sono al massimo di caricamento. Allora i telai vengono ritirati, e si preleva la pappa reale per aspirazione, celletta per celletta. Un alveare può produrre da 300 a 500 grammi di pappa reale l’anno.
La cera
La cera è una secrezione prodotta da 8 ghiandole situate sull’addome delle api giovani, tra i 12 e i 19 giorni, per costruire i favi. L’ape ha bisogno dai 10 agli 11 kg di miele per produrre un kg di cera. Viene ancora utilizzata nella fabbricazione di candele e di encaustici per la falegnameria e i parquets. In apicoltura si usa per la fabbricazione di fogli di cera stampata che vengono posti negli alveari per economizzare miele.
Tipi di Miele Calabrese riconosciuti come prodotti agroalimentari tradizionali italiani
– Miele di arancio calabrese
– Miele di castagno calabrese
– Miele di corbezzolo
– Miele di eucaliptus calabrese
– Miele di melata di abete calabrese
– Miele di sulla calabrese