Tutto è cominciato con l’eleganza raffinata della Nouvelle Cuisine. Negli Anni ’90 è poi arrivata la prima svolta quando i fratelli Albert e Ferran Adrià, affiancati da Juli Soler, hanno deciso di introdurre un profondo cambiamento nel mondo dell’alta cucina, andando a creare un delizioso connubio tra sperimentazione ed emozioni del gusto, senza dimenticare il tema della «fiesta», ossia il divertimento e la condivisione del piacere a tavola. Adesso però si è aperta un’altra nuova era, già definita cucina gastrosentimentale.
Questa tendenza è cominciata ben prima dell’emergenza coronavirus, eppure con la crisi di questi mesi è emersa ancor di più l’esigenza delle persone di gustare delle pietanze non eccessivamente ricercate che vadano a dare un’emozione in grado di risollevare l’umore. L’Italia è pioniera in questo nuovo trend culinario: sono sempre di più, infatti, i grandi e piccoli chef che cercano di venire incontro all’attuale richiesta della clientela. Dunque, si sta cercando di mettere da parte le innovazioni estreme per ritornare alla tradizione della ristorazione.
Ovviamente non si tratta di una pedissequa riproposizione di piatti classici, ma di rivisitazioni che cercano di far emergere l’anima, le qualità di ogni ricetta. La cucina gastrosentimentale non si propone dunque di stupire a tutti i costi le persone, ma di recuperare i sapori tradizionali, introducendo delle piccole modifiche che siano utili per dare un profondo piacere al palato e anche alle sensazioni emozionali.
I maestri italiani della cucina gastrosentimentale
Quando si parla di cucina gastrosentimentale non bisogna pensare a proposte banali, poiché la qualità e la tecnica sopraffina sono sempre al centro dei piatti, che uniscono a queste doti dei sapori ben distinti, come se si volesse dare maggiore intimità ad ogni pietanza. In Italia ci sono degli chef che già da tempo praticano questo tipo di attività come Nadia Santini, Chicco Cerea, Gennaro Esposito, mentre più di recente sono subentrati i vari Giancarlo Perbellini e Mauro Uliassi. I menu vengono proposti alla clientela come dei delicati racconti che già lasciano intendere la spinta emozionale di ricette sopraffine come il wafer al sesamo con tartare di branzino o il risotto mantecato in bianco con la finanziera.
In questo frangente non si può non menzionare Massimo Bottura, i cui capolavori culinari sono stati spesso equiparati a delle opere d’arte. Lo chef modenese, con il suo talento, non ha mai rinunciato all’aspetto emozionale dei piatti, dichiarando anzi di avere un debole per i ricordi culinari della sua infanzia, tra i quali la classica pasta e fagioli, oppure la crosta della lasagna o la mitica crostatina (naturalmente frantumata).
Cucina tradizionale: i locali che stanno rilanciando le storiche ricette della nonna
Le ricette recenti del cuoco emiliano e degli altri suoi prestigiosi colleghi cercano di essere meno autocelebrative. Inoltre puntano di meno ad estremizzare sapori e proposizioni. Insomma, si cerca di venire maggiormente incontro alle esigenze dei clienti che proprio in questo periodo cercano non solo il gusto per il palato, ma anche la possibilità di provare delle emozioni che siano in grado di dare un pizzico di sollievo, di distensione, in una fase di grandi preoccupazioni come quella che si è aperta in questi mesi con l’epidemia di Covid-19.