Quando si parla di Galileo Galilei, uno degli artefici della rivoluzione scientifica, non si può fare a meno di menzionare le sue illuminanti scoperte e grandi invenzioni. Invece, quasi mai ci si sofferma sulla cucina, ovvero sulle pietanze preferite dal genio pisano che, stando ad una serie di testimonianze storiche, pare fosse anche un amante della buona tavola e del vino d’eccellenza. Tra le fonti principali che hanno aiutato gli storici a comprendere anche le abitudini culinarie del matematico ci sono indubbiamente gli scritti lasciati da Vincenzo Viviani, uno dei suoi principali assistenti e collaboratori.
Galileo Galilei, quando la Chiesa lo accusò di eresia
Le prime notizie su cosa amasse mangiare Galileo Galilei risalgono al periodo in cui ha insegnato all’Università di Padova. Viviani, infatti, riporta che gli studenti, quando lo raggiungevano a Via dei Vignali per seguire i suoi studi e scoperte, erano particolarmente felici anche per le prelibate pietanze che potevano gustare nella sua casa. Una nota della spesa risalente al 1609 contiene una serie di prodotti elencati proprio dal genio toscano per l’approvvigionamento della sua dimora. Qui si leggono ordinazioni per grandi quantitativi di ceci, farro, pepe, zucchero, chiodi di garofano e cannella. Inoltre gli studiosi hanno rinvenuto anche una lunga lista inviata ad un macellaio di Abano Terme.
La passione per la carne è confermata da un’altra scoperta storica: sembra che uno dei piatti preferiti di Galileo Galilei fosse il lesso di carni miste arricchito con abbondante vino. Amava anche la gallina padovana lessa, la lingua salmistrata e la testa di vitello soprattutto come alimentazione per il periodo invernale. Come contorni, spesso optava per la mostarda veneta (preparata rigorosamente con mele cotogne), le salse condite con il pepe e il radicchio cotto al tegame.
Dalla salsa galileiana al vino: i gusti a tavola di Galileo Galilei
Dai ritrovamenti di alcuni scritti epistolari della figlia dello scienziato pisano si è appreso anche dell’esistenza di una particolare salsa galileiana (così viene definita) che era una delle pietanze preferite del fisico e matematico. La preparazione prevedeva innanzitutto che si facessero appassire delle cipolle bianche tritate sul fuoco, unite al burro. Subito dopo si aggiungeva del midollo di vitello o manzo, quindi del pane grattugiato e poi un tocco di brodo di carne. Quando la salsa diventava liscia, si poteva condire con il sale ma soprattutto con il pepe, una spezia amatissima dallo scienziato toscano.
Ma Galileo Galilei non era solo un appassionato di piatti di alta qualità. Infatti non disdegnava del buon vino, come ha scritto Viviani. Questa sua passione è confermata anche da una lettera inviata dallo studioso stesso al conte fiorentino Lorenzo Magalotti, nella quale descriveva il vino come «sangue della terra», illustrandone con grande maestria i piaceri che procurava in lui nella mente e nel corpo.
La passione per la cucina fu utile a Galileo anche per i suoi studi ed esperimenti. Ad esempio, ciò accadde quando analizzò il fenomeno della dilatazione termica dei liquidi che, col tempo, consentendogli di comprendere le variazioni della temperatura, gli permise di progettare e inventare il termoscopio. In questa circostanza, Galilei trasse spunto proprio dal vino e dalle sue migliori caratteristiche di dilatazione termica rispetto all’acqua.