Per i più si chiama rosamarina, per altri sardella salata, alcuni ancora la conoscono come garo, bianchetto, o mustica, altri infine la definiscono come il caviale calabrese. Comunque la si nomini, si tratta in ogni caso dell’originale preparato proveniente dai mari di quella regione, punta di diamante dei prodotti tipici della gastronomia calabrese, acquistabile anche presso siti di commercio elettronico di quelle zone.
Fermo biologico e diffida dalle imitazioni
La sua disponibilità, anche in rete, non è sempre garantita, in quanto la originale rosamarina, come fortemente sottolineato dai relativi produttori e commercianti, è pesantemente vincolata dal fermo biologico, vigente in particolari periodi dell’anno, dato che la ricetta madre richiede che si utilizzi “tassativamente” neonata di mare calabrese (in genere sarde ed acciughe) e visto che il menzionato stop alla pesca è opportunamente imposto per garantire il ripopolamento della fauna ittica.
Tale vincolo di pescaggio pone notevoli problemi di redditività per le tante aziende ittiche, prevalentemente a conduzione familiare, le quali, mediante la commercializzazione del prodotto, riescono ad ottenere un adeguata fonte di sostentamento, e considerato che, tra impiegati diretti ed indotto, coinvolge ed interessa migliaia di addetti della Calabria.
Sicché occorrerebbe opportunamente studiare una soluzione che contemperi e medi le contrapposte esigenze: quelle legittime dei pescatori, che nel prodotto trovano una essenziale fonte di mantenimento per le famiglie; e quelle più che giuste del rispetto e della tutela dell’ ambiente marino.
Tuttavia, per come attestato dalla ricerca scientifica, la relativa pesca non minaccia affatto l’equilibrio riproduttivo di altre specie, in un periodo in cui si manifesta una grande abbondanza di pesce azzurro, che, se scarsamente remunerativo in taglia adulta,raggiunge nella forma giovanile un elevato pregio e valore commerciale.
La originalità e squisitezza della rosamarina, che spinge tendenzialmente verso una latente domanda da parte del mercato in ogni periodo dell’anno, ha fatto sì che anche per questa referenza si sia, inopportunamente, provveduto a creare un mercato del “falso” o del “taroccato”.
Si ricorre, infatti, ad offrire un prodotto simile, ma che poco o nulla a che vedere con quello indigeno della Calabria, utilizzando pesce di provenienza asiatica (Cina), in particolare neosalanx tangkahkeii o pesce ghiaccio di acqua salmastra dolce. Ma per i buongustai del caviale dei poveri non esiste problema, la differenza in termini di gusto e di sapore è facile da individuare. Per i curiosi della buona cucina, invece, vale la regola di chi sa ben acquistare: occhio all’etichetta!!
La preparazione
Disponendo della materia prima, con tutta l’esperienza e secondo il più ferreo rispetto della tradizione ittica, questa viene opportunamente lavata in acqua dolce, riposta su ripiani di marmo, adeguatamente immessa in salamoia entro recipienti di terracotta (terzaruli) per alcune settimane, amalgamata con peperoncino rosso macinato (all’occorrenza, dolce o piccante), e confezionata in opportuni vasetti. Il relativo composto si presenta, così, come una pasta di colore rosso, odore intenso, sapore più o meno piccante. Pronta per l’uso, si conserva per un periodo, in genere, discretamente lungo ( 6/12 mesi), mantenendola a temperature fresche.
Per quando riguarda le modalità più opportune per gustare questa sciccheria gastronomica, i siti di commercio elettronico che commercializzano il prodotto “originale”, per come sopra inteso, propongono delle vere e proprio chicche d’uso nelle relative schede tecniche, spaziando dall’utilizzo su crostini e bruschette, per originali antipasti,condendola preventivamente con dell’olio, affinché questo possa assorbire parte del sale utilizzato nella preparazione, e magari un po’ di cipolla sminuzzata finemente; ovvero sulla pizza; o ancora integrando e rendendo alternativa la classica pasta, aglio ed olio.