La tradizione gastronomica toscana affonda le sue radici secoli prima dell’ascesa di Roma: nell’antica Etruria abbiamo anche una ben radicata tradizione vinicola, arricchita attorno al VII secolo a.C. dall’influenza greca. La colonizzazione romana non cambia molto le abitudini alimentari locali, mentre il divario tra cucina ricca e povera si amplia significativamente con il declino dell’Impero e le invasioni barbariche.
Medioevo che nascono molti dei piatti tipici ancora conosciuti oggi, come per esempio la ribollita. Questo piatto fa parte dell’ampia tradizione della cucina povera toscana, stabilitasi negli anni degli aspri scontri tra guelfi e ghibellini (XI-XIII sec.), basata principalmente sul pane, anche se carne bianca e selvaggina e il maiale sono ugualmente importanti, sia nella cucina ricca che in quella povera. L’attività vinicola di zone come Montepulciano e Montalcino è testimoniata da documenti risalenti a questo periodo, mentre la Vernaccia (la cui produzione è attestata attorno al 1200) viene citata da Dante nel Purgatorio (XIV, 24).
Nel Trecento, la cucina toscana si raffina, così come le maniere a tavola (Firenze è la prima città al mondo in cui si diffuse l’uso della forchetta). L’ascesa dei Medici favorì il tenersi di grandi e sfarzosi banchetti. Il Rinascimento è il momento di maggior gloria della cucina toscana. È a questo periodo che risalgono anche le prime attestazioni scritte del Chianti, ampiamente esportato nel resto d’Europa, e che si afferma il nome di “vin santo” per il vino dolce da dessert.
La scoperta dell’America portò all’inclusione dei suoi prodotti alimentari, importati grazie al fiorente commercio e quasi immediatamente inclusi nella cucina toscana. Patate e pomodori, altrove in Italia non ancora considerati commestibili, venivano coltivati a Firenze nel Cinquecento.
Sempre nel Cinquecento, Caterina de’ Medici esportò le specialità della sua terra in Francia quando andò in sposa a Enrico II, influenzando a sua volta la creazione di specialità francesi ispirate a esse. Anni dopo, un’altra Medici, Maria, andò in sposa al Re di Francia, con un simile effetto sulla cucina francese.
Nel Settecento, il prestigio della casata dei Medici si affievolisce, ma la cucina popolare mantiene un’alta qualità, soprattutto in occasione delle feste religiose. Nell’Ottocento abbiamo Jarro (“Almanacchi gastronomici”) e Pellegrino Artusi (“La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”), che cercano di contrastare l’influenza della cucina francese e promuovono l’uso dell’olio extravergine d’oliva.