La solidarietà italiana non si ferma e travalica anche i nostri confini. L’ennesima dimostrazione proviene da Londra, esattamente dall’ambasciata d’Italia che, nonostante le restrizioni dettate dall’emergenza coronavirus, si è trasformata in una sorta di grande cucina per dare una mano alle persone meno fortunate. Due volte alla settimana, l’edificio mette a disposizione i propri spazi per permettere la preparazione di pasti caldi da consegnare agli anziani e anche alle famiglie che, soprattutto a causa dell’epidemia in corso, versano in precarie condizioni economiche.
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L’iniziativa porta la firma di Danilo Cortellini, noto chef di Alba Adriatica che ormai da dieci anni vive e lavora a Londra dove è uno dei professionisti del settore più conosciuti e apprezzati per il suo talento culinario. È stato lui, infatti, a contattare l’ambasciatore Raffaele Trombetta per illustrargli l’idea, e questi ha acconsentito volentieri a far sì che due volte alla settimana si cucinassero pranzi per gli indigenti britannici. Il cuoco ha rilasciato un’intervista a L’Avvenire, durante la quale ha spiegato che questo progetto è una sorta di riadattamento – ai tempi del coronavirus – di FoodCycle, durante il quale circa cinquemila volontari si impegnano, in Gran Bretagna, a preparare e distribuire cibo ai cittadini meno abbienti, utilizzando i prodotti che le grandi catene di supermercati non hanno venduto.
Prima che scoppiasse la pandemia da Covid-19, la preparazione avveniva nei locali messi a disposizione da scuole, chiese e associazioni che facevano parte dell’ampia rete di solidarietà. Ovviamente, le norme restrittive introdotte anche nel Regno Unito per contrastare il virus hanno impedito di continuare a procedere in questo modo, con la chiusura di queste attività per la tutela della salute pubblica.
Cortellini spiega com’è nata l’idea della cucina solidale all’ambasciata italiana
Danilo Cortellini fin dal 2016 è impegnato attivamente in FoodCycle. A L’Avvenire ha spiegato che anche dopo lo stop temporaneo al progetto di beneficenza per l’emergenza coronavirus ha appreso che alcuni fornitori erano ancora disponibili a fornirgli dell’invenduto. Per questo motivo ha deciso di mettersi in contatto con l’ambasciatore italiano in Gran Bretagna per chiedergli l’autorizzazione ad utilizzare in determinati giorni della settimana le cucine della sede diplomatica per ragioni di solidarietà, e Trombetta è stato lieto di sostenerlo. Anzi, lo chef ha rivelato che immediatamente la moglie e la figlia dell’ambasciatore hanno partecipato attivamente: «Venendo in cucina a darmi una mano».
Ovviamente, la quantità di pranzi che si riesce a preparare all’ambasciata al momento è inferiore rispetto al circuito più ampio di FoodCycle, infatti Cortellini ha spiegato che attualmente la media è di un centinaio di pasti. Quando sono pronti, vengono opportunamente confezionati e ritirati da altri volontari che poi provvedono a consegnarli a domicilio ai cittadini bisognosi dei quartieri di Hackney e Marylebone. Il cuoco abruzzese ha affermato che per lui è bello sapere che le persone possano ricevere «un pasto caldo» e non soltanto dei piatti freddi o biscotti e carta igienica, perché così magari riescono a percepire meglio la «vicinanza» di chi non si dimentica affatto di loro.