Un vino antico, prodotto con una tecnica di vinificazione che prevede il riposo delle uve per alcuni giorni in mare. All’isola d’Elba è stato prodotto per la prima volta il “Nesos”, un vino bianco ottenuto seguendo l’antichissima tecnica utilizzata dagli Etruschi 2500 anni fa. L’idea è venuta al proprietario di una cantina dell’isola a conduzione familiare, Antonio Arrighi dopo una chiacchierata con Attilio Scienza, docente di Viticoltura all’Università di Milano. Il professore ha parlato ad Arrighi della sua ricerca sul vino prodotto nell’isola di Chio, utilizzando una tecnica antichissima che consentiva di ottenere un vino naturale al 100%, senza l’utilizzo dei solfiti.
Nesos, le uve riposano in fondo al mare
Arrighi, affascinato da questi racconti, ha deciso di sperimentare questa tecnica ed ha presentato i risultati qualche giorno fa a Firenze, nel corso di un convegno. Sull’esperimento è stato anche girato un video, dal titolo “Vinum Insulae”, diretto da Stefano Muti, che sarà proiettato anche al Food & Wine in progress a Firenze. Arrighi stava già sperimentando la produzione di vini in anfora a Impruneta, ma lo scorso anno ha deciso di ripercorrere gli insegnamenti dell’antichissimo popolo degli Etruschi, vissuti in Toscana secoli fa.
Le uve che danno origine al Nesos sono esclusivamente Ansonica, un vitigno a bacca bianca autoctono dell’isola d’Elba, ma che secondo gli studi sul suo Dna avrebbe diverse similitudini con i vini nobili dell’isola di Chio, il Rhoditis e il Sideritis. La particolarità di queste uve è quella di avere una buccia molto resistente e una polpa croccante, che consentono loro di resistere alcuni giorni in mare. E, infatti, dopo la vendemmia le uve sono state accuratamente selezionate, dal momento che solo quelle completamente integre erano adatte all’esperimento. L’acqua del mare, infatti, rischia di danneggiare la polpa nel caso in cui l’acino non sia integro. A questo punto le uve selezionate sono state disposte in apposite ceste di vimini e immerse in mare per 5 giorni a 10 metri di profondità.
Le proprietà dell’acqua di mare sulle uve
L’immersione in mare delle uve consente di eliminare la pruina (la polverina setosa che si trova sopra alla buccia, ndr) degli acini, favorendo un un più rapido appassimento delle uve al sole sui graticci senza perdere le caratteristiche naturali del vitigno. Inoltre, il sale marino penetra per osmosi all’interno dell’acino senza danneggiarlo, ma svolgendo un’azione antiossidante e disinfettante. Questa grande peculiarità ha consentito di non utilizzare solfiti durante il processo di vinificazione. Il passaggio successivo prevede la fermentazione delle uve sulle bucce in anfore di terracotta. Infine l’affinamento in bottiglia, che dura circa un anno. Si ottiene così un vino estremamente naturale, semplice e strutturato allo stesso tempo, molto simile a quello che gli Etruschi producevano 2500 anni fa.
Trattandosi di un esperimento, la produzione di questo vino è limitata a 40 bottiglie, che quasi sicuramente non faranno in tempo ad arrivare nelle enoteche o nei ristoranti. Arrighi, però, ha ripetuto l’esperimento anche l’anno scorso e le uve attualmente stanno fermentando nelle anfore.
Nesos, un salto nella storia
La rinascita del mito del vino marino non è avvenuta in modo casuale all’isola d’Elba. L’isola, infatti, ha un passato fortemente legato alla presenza degli Etruschi, come testimoniano gli ultimi scavi condotti a Porto Ferraio. Ma forte è sicuramente anche il legame con l’isola greca di Chio. Secoli fa, infatti, i commercianti greci di vino di Chio facevano tappa all’isola d’Elba e a Piombino. Nei relitti delle loro navi sono state rinvenute diverse testimonianze della civiltà etrusca. E’ naturale, quindi, che le due civiltà abbiano condiviso conoscenze e tecniche anche in ambito vitivinicolo.
Una riscoperta con grandi potenzialità
L’esperimento di Arrighi è stato molto apprezzato dalla comunità vinicola e dalle istituzioni toscane, che hanno colto il lato storico e culturale oltre che un’eccellenza enologica con radici antiche. Durante il convegno di presentazione di Nesos, l’assessore regionale alle attività produttive e turismo, Stefano Ciuoffo, ha definito questo progetto come “un’esperienza di produzione di vino che ha radici antiche”. L’auspicio è quello di trovare, sulla base di questa esperienza, “un percorso per un prodotto innovativo”. Secondo Francesco Palumbo, direttore di Toscana Promozione Turistica, questo esperimento “è importante per tre motivi: è la dimostrazione di come la Toscana faccia innovazione, sposta l’attenzione dalla storia alla contemporaneità ed è importante in chiave turistica”.
L’obiettivo più importante per il professor Scienza è quello di aver “cercato di fare un vino per evocare il mito, per fare in modo che nel consumatore si associ alla memoria di qualcosa di antico un gusto moderno”.